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Adda’ passa’ ‘a nuttat…

Stare fuori da due edizioni consecutive dei mondiali di calcio è un evento che coinvolge l’intero paese, non solo la parte calciofila. E la portata dell’evento è nel tono solenne con il quale ne discettano i giornalisti sportivi, un tono che di questi tempi meriterebbe ben altre questioni. Al netto del 4/2/3/1 o 4/3/3 o del doppio regista ed altre auliche e cervellotiche valutazioni se Jorginho metteva dentro almeno uno dei due rigori concessi contro la Svizzera oggi starei a casa a seguire Atalanta-Napoli.

E invece a sentire i filosofi che parlano di calcio come se commemorassero le Fosse Ardeatine la Federazione è gestita da incapaci, i settori giovanili agonizzano e le società fanno i loro comodi a danno della Nazionale, vedi la settimana di lavoro in più non concessa a Mancini perché l’Inter non ha ancora deciso quando recuperare contro il Bologna. Ma se le cose stanno così perché non lo hanno detto a luglio così si partiva da 3 e non da zero? Perché a luglio Mancini era il Messia del calcio, i calciatori dei fenomeni e l’intero gruppo un fortino monolitico che nessuno poteva scalfire?

Le vittorie con Belgio, Spagna e Inghilterra una botta di “fortuna “ e il filotto di vittorie e risultati utili più lungo della storia del calcio italiano un caso. Atteso che non pretendo di sostituire Mancini penso che abbiamo in casa degli ottimi portieri, la coppia di terzini migliore del mondo, centrocampisti ed esterni a sufficienza: tocca identificare il centravanti da naturalizzare, perché è opportuno ricordare che le nazionali che hanno vinto gli ultimi due mondiali non sono esattamente un inno alla purezza della razza. La verità è che nel calcio come nella vita nel nostro paese si tende a salire sul carro del vincitore per scendere appena il carro si rovesci.

E che lo facciano i comuni mortali ci può anche stare, ma ci sta di meno se lo fanno gli addetti ai lavori quelli che per titolo e stipendio parlano da pulpiti di grande visibilità. Ad ogni buon conto non avendo titoli e competenze per raffinate analisi calcistiche, mi riprendo il ruolo di umile lettore e ascoltatore al quale nessuno può negare diritto di critica perché i giornali li compro e i canoni li pago.

E a leggere ed ascoltare questi opinionisti non si può fare ameno di ricordare di essere cresciuto leggendo di calcio dovunque fosse possibile: perfino Famiglia Cristiana settimanale gentilmente imposto dalla comunità parrocchiale che per disposizione materna frequentavo, dedicava due pagine al calcio. E il pensiero non può che andare a beppe viola, Gianni mura, Giampaolo ormezzano, Gianni Brera giornalisti che parlavano di calcio con la leggerezza e l’ironia dovute a fatti che alla fine restavano uno sport e non una guerra.

Ma la grandezza di queste firme è stata soprattutto nella capacità di parlare di calcio evitando di limitare commenti e racconti al solo mondo del calcio.In quegli articoli erano continue le citazioni di politica, di storia, di costume e della società italiana di quegli anni ma anche analisi lucide e feroci dei fenomeni di malcostume del calcio come espressioni del malcostume della società intera.

Se oggi siamo alla degenerazione del calcio e al racconto fazioso e strumentale di un mondo che non è più dei tifosi ,ma di chi tarocca io campionati per salvare bilanci, di chi inventa plusvalenze per non pagare i debiti e di procuratori che fanno fatturati da Pfizer in pandemia, è perché il calcio è lo specchio di una degenerazione culturale sociale ed economica che non si arresta…ma anche la notte più buia ha la sua Alba…